giovedì 23 maggio 2013

Progetto Voci 2013


Ho scelto di partecipare al Progetto Voci 2013 in seguito alla proposta della mia professoressa di italiano, referente all’interno del nostro istituto. Mi è sempre interessato entrare in contatto con il mondo della reclusione, e questa è stata una buona occasione. Ho sempre cercato di approfondire gli aspetti della mente umana, tanto che l’indirizzo di psicologia è una delle strade che tengo aperte per la mia iscrizione all’università dell’anno prossimo. Non ho mai avuto pregiudizi nei confronti delle persone rinchiuse in carcere, e in seguito a questa esperienza nulla è cambiato sotto questo punto di vista. Non penso si debba condannare una persona per un suo atto criminale, senza conoscere i risvolti della vicenda in sé.
Il progetto a cui ho partecipato è stato davvero entusiasmante, soprattutto al momento dell’ingresso in IPM, quando sono entrata in contatto con ragazzi della mia età, la cui unica differenza rispetto a me è la vita che portano avanti. Una vita rinchiusa tra mura altissime, con il contatto minimo con il mondo esterno. Passare una mattinata assieme a queste persone mi ha aperto gli occhi su aspetti che, un po’ per ignoranza, un po’ per “ipocrisia”, non avevo mai considerato: le persone credono che chi sta in carcere debba essere doppiamente condannato, in quanto è mantenuto con i soldi della cittadinanza, cosa non vera, in quanto chi può permetterselo deve provvedere da sé a pagare una specie di retta mensile; spesso i ragazzi sono tenuti calmi con medicine e sedativi, per evitare che si ribellino o, al contrario, cadano in depressione. Il carcere è una piccola città, con il cuoco, il prete, il medico, il dentista, si va a fare la spesa, si comprano le sigarette (meglio tabacco e feltrino, durano di più). Ma, nonostante i vari incontri e programmi che vengono organizzati, è la città più triste del mondo, con orari e pasti prestabiliti, senza colori né gioia.
È una realtà che colpisce nel profondo, che ti fa rendere conto di quanto noi ragazzi “normali”, istruiti e beneducati, provenienti da famiglie benestanti e impeccabili, siamo indifferenti. Indifferenti a tutto ciò che accade lontano da noi, a tutto ciò che non ci coinvolge perché non ci riguarda, perché non rientra nella nostra sfera personale di interessi, conoscenze, affetti. Quante volte ci si ferma davanti ad un servizio di cronaca, ci si dispiace, o si condanna, e poi basta, niente di più, perché il tutto non ci tocca. Le persone dovrebbero rendersi conto che stare in carcere non è assolutamente un bel vivere, che le persone stanno lì  perché hanno commesso un reato, ma non semplicemente per il gusto di farlo, ci sono delle ragioni, dei motivi sotto, che noi non conosciamo, che non possiamo conoscere, perché sono difficili da comprendere. Chi sta in carcere ha bisogno di aiuto, ha bisogno di conforto, di sfogare la propria rabbia, o la propria tristezza, per cercare la pace. Il carcere non deve essere solo un luogo di punizione, deve essere un luogo di rieducazione, di aiuto, di supporto, di reinserimento nella società in un prossimo futuro, per coloro i quali hanno una pena che prima o poi finirà.
Entrare in IPM mi ha permesso di conoscere una persona con le stesse origini della mia famiglia (la Calabria), a cui non sono riuscita a chiedere per quale motivo si trovasse in un luogo così, forse perché mi è sembrata un persona normale, importante tanto quanto me e voi, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue idee e convinzioni, che hanno lo stesso peso delle nostre, l’unica differenza è che non vengono ascoltate.
Ciò che mi è dispiaciuto di più, nell’organizzazione dell’esperienza, è il fatto di aver trascorso lì dentro così poco tempo. Avrei preferito poter incontrare quei ragazzi più volte, senza necessariamente fare lavori di gruppo, ma semplicemente potendo parlare, scherzare e riflettere insieme a loro, per fargli trascorrere momenti diversi, più gioiosi, meno monotoni, che sarebbero stati tali anche per me.
Consiglierei di partecipare a questa esperienza a chiunque abbia voglia di uscire dalla propria vita e dedicarsi a chi ha veramente bisogno di una mano amica. 

Marta Silvia

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